Bene che tutti ci festeggino,
male che tanti ci facciano la festa.
Capita spesso, dappertutto e in varie forme.
Quella di maltrattare le donne è una tradizione antica, una lunghissima storia horror che conta troppe stagioni.
Purtroppo, la festa dell’otto marzo non rappresenta il lieto fine di questa odiosa saga.
Però, almeno, questa giornata è un gesto gentile.
Un momento ufficiale che obbliga a parlare della situazione femminile mondiale: vediamo infatti l’ennesimo servizio inquietante in TV, capiamo la differenza fra segregazione verticale e orizzontale, leggiamo i numeri preoccupanti della violenza contro bambine, ragazze e signore del mondo.
Riflettiamo, così, sulle innumerevoli forme di abuso che vediamo fare o che, addirittura, subiamo.
Quanta fantasia ha il male e quanto è facile farlo contro il sesso femminile.
A volte, ci tolgono indipendenza economica e libertà di pensiero. A volte, ci manipolano e ingabbiano.
Se siamo privilegiate, riusciamo a studiare, a sognare e a lavorare.
In ufficio, però, poi arrivano piccole o grandi angherie: siamo caricate troppo e premiate poco.
Siamo troppo mamme o troppo single.
Ci ritroviamo vittime di un mobbing vigliacco, voluto da uomini e da donne (sì, anche da altre donne) atroci, che barattano l’umanità con un pizzico di potere.
In Italia, come conferma il recente Rendiconto di genere INPS, siamo svantaggiate nell’ambito lavorativo, familiare e sociale.
Nel 2023, il tasso di occupazione femminile si è attestato al 52,5%, rispetto al 70,4% degli uomini.
Tanta precarietà per noi lavoratrici: solo il 18% delle assunzioni di donne sono a tempo indeterminato a fronte del 22,6% degli uomini. Il part-time involontario è prevalentemente femminile.
Le assunte con un contratto a tempo parziale sono il 64,4% del totale, ovvero il 15,6% degli occupati, rispetto al 5,1% dei maschi.
Il gap retributivo di genere è notevole: per noi, stipendi inferiori di oltre venti punti percentuali rispetto ai colleghi.
Fuori dal lavoro, non sempre va meglio.
In giro, ci becchiamo magari qualche occhiata di troppo e fastidiosi commenti.
A casa, lavori di cura e ansia da prestazione.
E, per le più sfortunate, arriva la condanna della violenza domestica.
Va detto: siamo circondate anche da meravigliosi uomini, amici, fratelli, padri e mariti.
Tuttavia, se ascoltiamo la maggioranza delle testimonianze, capiamo la gravità della situazione.
Oltre ai casi eclatanti e drammatici, esistono ancora troppe ingiustizie e discriminazioni di genere, talmente diffuse da diventare normalizzate.
Violenze a basso volume che diminuiscono la nostra autostima, aumentando la pressione sociale su tutte noi.
Ci vogliono piacevoli come un filtro Instagram, gentili e efficienti come chatgpt, rapide e produttive tipo bot.
Per questo, la celebrazione dell’otto marzo può sapere un po’ di artificiale.
L’intento è ottimo. La mimosa, però, non copre il tanfo dell’ignoranza e della cattiveria di molti esseri umani (femminili e maschili), che preferiscono umiliare le donne.
Tutti possono contribuire per migliorare la situazione.
Non servono mimose e catene wapp mielose, meglio provare a omaggiare le donne ogni giorno. Ad esempio, basterebbe più intelligenza emotiva, usando la creatività e un linguaggio davvero inclusivo.
Nel mio piccolo, mi sento meglio quando educo al rispetto i miei tre figli, con l’aiuto di mio marito e di tutti i grandi uomini – e delle grandi donne – della famiglia.
Il mondo ha bisogno di figlie felici e autonome, di ragazzi empatici e di gesti generosi e gentili.
La cultura è un esercizio quotidiano, alla portata di tutti e tutte.
Viva le donne e viva gli uomini che amano le donne.

8 MARZO: FESTA DI GENERE FEMMINILE
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