Per comprendere il funzionamento della P.A. bisogna conoscere l’azione amministrativa e l’attività amministrativa attiva. L’attività amministrativa è un concetto fondamentale nel diritto amministrativo, poiché descrive l’insieme di azioni e decisioni che la Pubblica Amministrazione (PA) deve intraprendere per perseguire gli obiettivi di interesse pubblico. Essa può essere classificata in vari modi a seconda delle sue finalità, degli strumenti utilizzati e delle modalità di realizzazione. Un’ulteriore classificazione rilevante distingue l’attività amministrativa tra sostanziale, organizzativa, giuridica e materiale, ognuna delle quali risponde a diverse esigenze di gestione e regolamentazione degli interessi pubblici (A. Sandulli, Manuale di Diritto Amministrativo, Giuffrè Editore, 2021).
La attività sostanziale si rivolge alla cura degli interessi affidati all’amministrazione, perseguendo obiettivi concreti di utilità pubblica. La attività organizzativa ha come scopo la strutturazione e la disciplina di apparati e organi amministrativi che possano soddisfare tali interessi. La attività giuridica consiste nell’emanazione di atti e negozi giuridici, che possono essere sia di diritto pubblico che privato, mentre la attività materiale si concretizza nell’esecuzione degli atti amministrativi, tramite azioni pratiche come lavori pubblici o provvedimenti di polizia. Tali categorie sono essenziali per comprendere la varietà e la complessità dell’attività amministrativa.
Un aspetto cruciale nell’analisi dell’attività amministrativa è la distinzione tra attività vincolata e attività discrezionale. Questa classificazione dipende dal rapporto tra l’amministrazione e la legge, che può essere più o meno rigido a seconda dei casi. Sebbene l’attività amministrativa discrezionale non sia totalmente libera, essa rimane comunque incanalata dagli scopi di interesse generale stabiliti dalla legge.
Nel caso dell’attività vincolata, il legislatore fornisce una normativa dettagliata che stabilisce non solo gli obiettivi da perseguire, ma anche le modalità, i tempi e i mezzi attraverso cui l’attività deve essere svolta. In questi casi, l’amministrazione è chiamata a verificare la sussistenza di determinati presupposti e a compiere l’atto amministrativo senza alcuna possibilità di scelta. L’amministrazione, quindi, non esercita una valutazione discrezionale ma si limita ad applicare la legge nei termini previsti.
Al contrario, quando la legge lascia all’amministrazione una certa libertà di scelta riguardo a quando, come e con quali mezzi perseguire l’obiettivo, si parla di attività discrezionale. In questi casi, l’amministrazione deve comunque agire nel rispetto dei limiti fissati dalla legge e tenendo conto degli interessi pubblici, in modo da non esercitare il potere in modo arbitrario. Questi limiti comprendono il rispetto dell’interesse pubblico, la causa del potere, la logica, l’imparzialità e la completezza dell’informazione.
Un esempio di applicazione della discrezionalità amministrativa può essere preso dal caso di un edificio storico che si presenti in condizioni di pericolo. L’amministrazione sarà chiamata a bilanciare vari interessi: la conservazione dell’edificio come patrimonio culturale, la sicurezza pubblica e la tutela dell’interesse dei commercianti locali che potrebbero subire danni dalla chiusura della zona al traffico. In tal caso, la PA deve compiere una ponderazione degli interessi, perseguendo il fine pubblico primario con il minor sacrificio possibile per gli altri interessi coinvolti (F. Marra, Diritto amministrativo. Principi e istituti fondamentali, Laterza, 2018).
Nonostante la presenza di margini di scelta, l’attività discrezionale non è priva di limiti. Essa deve sempre rispondere ai principi di legalità, buon andamento e imparzialità stabiliti dalla legge, e si fonda sull’analisi accurata di tutti gli interessi in gioco. La PA è infatti obbligata a compiere una comparazione tra l’interesse primario da tutelare e quelli secondari, che siano essi pubblici, collettivi o privati, evitando che l’interesse primario arrechi danno eccessivo agli altri.
Un altro aspetto importante dell’attività amministrativa discrezionale è il controllo giurisdizionale esercitato dal giudice amministrativo. Sebbene il giudice non possa sostituirsi alla PA nella valutazione dei fatti e nella scelta della soluzione più opportuna, può comunque esercitare un controllo sull’esercizio del potere discrezionale, verificando che l’amministrazione non abbia compiuto un “eccesso di potere”. In tal caso, il giudice esamina se la PA ha valutato correttamente i fatti, rispettato i principi di logicità e imparzialità e compiuto un’istruttoria completa e adeguata.
Un’ulteriore distinzione rilevante è quella tra discrezionalità tecnica e accertamento tecnico. La discrezionalità tecnica si verifica quando la PA deve prendere decisioni che richiedono l’applicazione di competenze tecniche specialistiche. In questo caso, la scelta non si basa su una ponderazione di interessi, ma su una valutazione dei fatti secondo parametri tecnico-scientifici. L’accertamento tecnico, invece, si basa su parametri derivanti dalle scienze esatte, con il risultato che l’interpretazione dei fatti è meno opinabile rispetto alla discrezionalità tecnica.
Dunque, l’attività amministrativa attiva è una componente fondamentale dell’azione della PA e può manifestarsi in diverse forme, a seconda delle modalità operative e dei margini di scelta che la legge lascia all’amministrazione. La distinzione tra attività vincolata e discrezionale, e i limiti e controlli che ne derivano, sono essenziali per garantire un esercizio del potere amministrativo conforme agli interessi pubblici e ai principi giuridici. La continua evoluzione della giurisprudenza ha portato a un maggiore controllo del giudice amministrativo sulla discrezionalità, pur nel rispetto del principio di separazione dei poteri, garantendo così una giusta ponderazione tra le scelte amministrative e i diritti dei cittadini.