ASCOLTARE LE PERSONE MIGLIORA RELAZIONI, CLIMA E PRODUTTIVITA’ IN AZIENDA
Di fronte a un tasso di engagement ai minimi storici (4%) e un turnover ormai cronico (42%)
non basta più offrire servizi, bisogna ricostruire ascolto e fiducia all’interno di un’azienda.
Quanto è più alto il livello di benessere, tanto più le persone sono motivate e coinvolte sul lavoro: l’engagement può triplicare in presenza di strumenti di ascolto organizzativo.
Dall’annuale edizione dell’“Osservatorio Balance” di JOINTLY condotta su centinaia di dipendenti di 15 grandi aziende in Italia, emerge che gran parte del malessere delle persone al lavoro deriva da difficoltà nella loro vita personale, che però poi sfociano in relazioni problematiche con colleghi e insoddisfazione professionale.
Milano, 8 maggio 2025 – Di fronte a un tasso di engagement ai minimi storici (4%) e un turnover ormai cronico (42%) non basta più offrire servizi, bisogna ricostruire ascolto e fiducia all’interno di un’azienda, nel rapporto con i collaboratori.
Le imprese devono tenere conto di questo basso coinvolgimento e saperlo non solo ascoltare, ma anche dialogarci, con più strumenti non solo di tipo personale ma anche organizzativo, attraverso una nuova cultura manageriale.
Instaurare una relazione di fiducia con i propri collaboratori infatti rende le persone più coinvolte e soddisfatte e per farlo è necessario integrare percorsi specifici di ascolto organizzativo nella propria strategia di corporate wellbeing.
Uno strumento, quello del corporate wellbeing, che rappresenta una risposta efficace a questi fenomeni se– come ha illustrato la ricerca JOINTLY con l’Osservatorio HR Innovation Practice POLIMI (2024), “Il Corporate Wellbeing mismatch” – permette di triplicare il tasso di engagement dei propri collaboratori e aumentare di quasi cinque volte (dal 5% al 23%) il tasso di collaboratori “felici”.
Mettere invece a loro disposizione psicologi o counselors di per sé non basta, perché non affronta le cause del malessere che emergono nei contesti professionali e lì vanno dipanate. Facendo attenzione alle specificità generazionali.
L’ascolto organizzativo, inteso come insieme di strumenti che permettono ad un’azienda di costruire relazioni di lungo termine con i propri collaboratori anche attraverso percorsi strutturati di counseling, migliora invece benessere e produttività sul lavoro.
La conferma arriva anche dallla seconda edizione dell’Osservatorio JOINTLY Balance, l’indagine condotta da JOINTLY– prima B Corp ® in Italia nel settore del corporate wellbeing – e Modus – team di professionisti e consulenti aziendali – che ogni anno analizza i risultati del programma di counseling per il benessere organizzativo.
Dati alla mano, alla fine del percorso di counseling molte delle problematicità condivise all’inizio sono state affrontate e in parte riformulate, da quelle in ambito personale (dal 21,4% al 20%), a quelle relazionali sul posto di lavoro (ridotte dal 15% all’11%) o a quelle di sviluppo professionale (dal 12% all’8,2%). Il percorso con i counselor ha aiutato quindi le persone a focalizzarsi sul nocciolo del problema, che sono spesso le relazioni interpersonali, la cui incidenza aumenta a fine percorso.
Questo perché gran parte del malessere delle persone al lavoroderiva da difficoltà nella loro vita personale, che però poi sfocia in relazioni problematiche con colleghi e insoddisfazione professionali.
Analizzando più nel dettaglio i dati per fascia di età, la ricerca rivela che ogni generazione ha delle tematiche specifiche e richiede un tipo diverso di attenzione da parte dell’azienda.
Per GenZers e Millennial under 30 le difficoltà principali riguardano la capacità di comprendere e gestire le dinamiche organizzative delle aziende nelle quali iniziano a lavorare: una criticità che in molti casi finisce per impattare fortemente anche sulla loro voglia di restare in azienda.
I lavoratori di età compresa tra i 30 e i 50 anni avvertono, invece, una maggiore fatica nel gestire i carichi di cura familiari, provando spesso sensi di colpa e di frustrazione rispetto alla priorità del lavoro, mentre gli over 50 vivono in molti casi una sorta di crisi identitaria di difficoltà nel vedere riconosciuto il loro ruolo, il proprio posto in ufficio.
Francesca Rizzi, CEO e co-founder di JOINTLY spiega: “Molte aziende per supportare il benessere dei propri collaboratori offrono servizi di sostegno psicologico, ma così facendo intervengono sui sintomi e non sulle cause del malessere. E’ invece necessario secondo noi passare dalla cura del sintomo alla prevenzione del problema: attivare un supporto di professionisti che non sono solo psicologi e psicoterapeuti ma anche counsellor organizzativi, cambiando approccio e offendo un sostegno più efficace. Alle persone perché, attraverso un processo di empowerment, in questo modo sono in grado di trovare risorse proprie per superare momenti di difficoltà, personale e professionale. Alle aziende perché attraverso l’ascolto organizzativo – possono comprendere ed analizzare le vere cause del malesse, per prevenirlo e gestirlo. Ma perché questo accada, l’ascolto deve diventare parte della cultura manageriale, non solo uno strumento isolato”.
JOINTLY lavora con aziende che vogliono aiutare i propri collaboratori affinché possano affrontare meglio questioni di natura personale, familiare e lavorativa, attraverso un servizio di supporto psico-relazionale (JOINTLY Balance) che si articola in percorsi di counseling e contenuti formativi con professionisti dedicati al supporto psicologico dei lavoratori e dei loro familiari.
E qual è la strategia che le aziende possono adottare per supportare il benessere mentale dei loro collaboratori nel modo più efficace?
Prima di tutto, serve ripensare in maniera olistica l’approccio al benessere dei propri collaboratori. Dall’esperienza dell’Osservatorio JOINTLY balance emergono, poi, tre passi fondamentali che un’azienda deve intraprendere.
#1 Affrontare e non “delegare” il malessere
L’azienda che evita di mettersi in ascolto e farsi carico dei driver di malessere, o che la demanda al singolo (ad es. rimborsando le spese per la cura del benessere mentale o stipulando convenzioni per il supporto psicologico), si priva della possibilità di valorizzare l’ascolto di queste istanze come fonte progettuale e di crescita comune.
#2 Dotarsi di diversi strumenti di ascolto continuativo
Le ragioni del malessere toccano, in modo trasversale e in continuità, aspetti di vita privata e professionale, con differenze generazionali o di ruolo. Bisogna quindi dotarsi di quante più occasioni, canali e modalità di ascolto organizzativo possibili, e organizzarsi per recepirne gli spunti in maniera coordinata e continuativa.
#3 I manager come agenti del benessere organizzativo
Le figure di gestione e coordinamento come i manager, in questo momento storico, si trovano a gestire le sfide del mondo del lavoro con un carico particolarmente pesante di responsabilità, senza essere sempre preparati a farlo. Favorire lo sviluppo delle loro competenze di ascolto e allineare i sistemi di performance management è un passaggio indispensabile per le aziende che vogliono favorire un maggior livello di benessere. Far sì che le persone possano esprimere liberamente il loro punto di vista sulle situazioni e su come affrontarle o su di cosa avrebbero bisogno per affrontarle, le fa sentire ascoltate e rende il loro lavoro più produttivo.
Fausta Tagliarini
Senior Account
www.secnewgate.it – www.secnewgate.com
nella foto FRANCESCA RIZZI, CEO di JOINTLY