Difesa europea: l’Europarlamento frena sul piano di riarmo della Commissione

Il Parlamento Europeo ha sollevato un netto dissenso sul metodo scelto dalla Commissione per avanzare il piano europeo di riarmo. Non si contesta la sostanza del progetto, ma la via scelta per approvarlo: l’utilizzo dell’articolo 122 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, strumento concepito per situazioni di emergenza. La Commissione, guidata da Ursula von der Leyen, intende sfruttarlo per accelerare lo strumento “Safe”, un programma da 150 miliardi in eurobond per potenziare la difesa comune attraverso appalti condivisi.

La Commissione Affari Giuridici dell’Europarlamento (JURI), riunita a porte chiuse, ha definito “impropria” questa procedura. Pur non essendo vincolante, il giudizio espresso sarà trasmesso alla presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, che avrà il compito di decidere se intraprendere un dialogo istituzionale con Bruxelles o rivolgersi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Il piano di riarmo prevede anche la partecipazione di paesi appartenenti all’EFTA o dell’Ucraina, rafforzando la dimensione internazionale dell’iniziativa. Tuttavia, il Parlamento europeo, già intervenuto a marzo con una risoluzione non vincolante sul Libro Bianco per la difesa, ha ribadito la necessità di rispettare le prerogative democratiche.

Le forze politiche italiane restano divise: Fratelli d’Italia e Forza Italia favorevoli, mentre Lega, M5S e Alleanza Verdi e Sinistra hanno votato contro. Il Partito Democratico ha mostrato posizioni contrastanti tra astensioni e consensi. Per Giuseppe Conte il progetto rappresenta “un atto antidemocratico”, mentre l’eurodeputata leghista Susanna Ceccardi denuncia “l’opacità crescente delle istituzioni comunitarie”.

Il confronto istituzionale è solo all’inizio, ma la vicenda riaccende i riflettori sulla necessità di un equilibrio tra efficacia decisionale e rispetto dei processi democratici, specie su temi così delicati come la difesa comune.

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