IL GATTO E IL DIAVOLO

di


“Sono convinto che gli uomini arriveranno veramente a non uccidersi tra di loro, quando arriveranno a non uccidere più gli animali.”


Con questa citazione il Filosofo Aldo Capitini teorizzava quanta interconnessione c’è fra la violenza sugli animali e fra gli esseri umani.
L’episodio del gattino gettato dal cavalcavia di Lanusei ad opera di un ragazzo fortemente disturbato e violento, filmato e postato sui social da coetanee, ha scosso anche me non poco.
Ora quì, non si vuole ribattere l’ennesimo resoconto di quest’atto codardo e criminale ma piuttosto soffermarsi su una serie di considerazioni senza pretendere di avere la profondità sociologica e terapeutica di un professionista, il quale si troverebbe comunque ad avere un complesso caso da analizzare certamente carico di diverse patologie…probabilmente anche pescando dentro la famiglia di origine del ragazzo e delle corree.
E’ stato scientificamente provato dai Profilers dell’ F.B.I. che, in massiva percentuale, i futuri serial killers avevano, nelle fasi adolescenziali, diversi denominatori comuni fra cui: la violenza sugli animali prima che sugli esseri umani.
Facile dedurre che questa esplosione di rabbia e violenza sul “più debole” unita a volontà di dominio (sempre sul più debole) era un conseguente e obbligato tratto distintivo del futuro assassino, il cui quadro psicologico veniva completato da molte altre difficoltà mentali, a ben notare, già più o meno evidenti in giovane età.
Il maltrattamento animale, lo dico anche ai non amanti degli stessi, è una piaga sociale e una già presente minaccia per la società, che investe tutti quanti noi da diverse angolazioni.
La cosiddetta zoocriminalità è quindi un’ombra silenziosa che si propaga man mano verso altri target.
Questo tipo di crudeltà, è crudeltà. Non è dunque fine a se stessa.
Non è un tipo di spietatezza circoscritta o esercitata solo verso questi esseri indifesi, inferiori, che non conoscono l’efferatezza a scopo ludico. Il destinatario di queste barbarie potrà statisticamente e facilmente diventare anche un essere umano.
La totale mancanza di empatia e di compassione porta inevitabilmente a violenza verso chiunque, secondo utili circostanze esercitabili dallo psicopatico, al fine di sfogare la propria rabbia utilizzando diverse forme di violenza che stiamo per andare a conoscere fra poche righe.
Ecco che oggi è il gattino indifeso, domani può essere l’abuso su minori, la violenza sulle donne, la violenza domestica e così via, secondo il tipo di inclinazione personale o di opportunità da usare come vettore scarica-violenza.
Questo comportamento collegato è già studiato e appurato, venendo identificato come “triangolo della violenza” (diretta, strutturale, culturale-simbolica…elaborato dal sociologo Johan Galtung)
Se andate a leggere in che contesto geografico sono nati e cresciuti l’uccisore e le complici, vedrete che tutto lascia intendere si tratti di un posto ricco di buon cibo, cultura regionale, storia, bellezze naturali ecc.
Un episodio come questo allora ha evidentemente radici profonde che prescindono da quanto descritto nelle righe sopra, anche perchè pare che in questa zona del nuorese gli episodi di violenza presente nel tessuto sociale non siano poi così una novità. La cronaca, a ben informarsi, cita pure altri fatti. Fatti da considerare anch’essi senza cadere in facili generalizzazioni su una comunità che, attraverso tali episodi, risulta essa stessa danneggiata in primis.
Cosa spinge “l’abitante” di un contesto ricco di qualità e tradizioni come abbiamo visto sopra, a covare così tante patologie che mettono in discussione legalità, valori e socialità?
Da che famiglia proviene? Che scuola ha fatto? Che tessuto sociale vive e vede? Che amicizie ha? Che grado di influenzabilità ha? Che uomo o donna diventerà? Una reclusione di 3 mesi o una multa di 5mila euro (così dice la legge) che incidenza educativa avranno (eventualmente) su di lui?
Troppe domande…molte meno le risposte.
Cambiare i comportamenti degli esseri umani è una battaglia ardua e molto difficile, spesso impossibile. Un’ inasprimento di pene certe credo risulti almeno necessario per aumentare il grado di deterrenza verso certi crimini che sembrano secondari ma possono essere preludio, come abbiamo scandagliato, di piaghe sociali future ancor più difficili da gestire, combattere, anticipare soprattutto.
Operazioni di recupero dell’individuo più incisive, laddove famiglia e scuola non sono riusciti, possono essere d’aiuto e si spera risolutive. Ri-creando un senso di responsabilità umana, sociale, personale che non è ancora presente nella già minata giovinezza di quegli adolescenti.
Un fatto del genere che macchia una intera comunità, non dovrebbe essere neanche per un attimo sottovalutato o liquidato secondo deboli leggi attuali al riguardo.
La società tutta inoltre ( popolazione, istituzioni, famiglia, scuola) , ha una forza enorme nel poter stigmatizzare episodi di violenza simili, come per converso la sua debolezza reattiva o peggio l ‘accettazione, hanno una forza enorme nel diseducare, nell’abbandonare i rei a se stessi ed alla continuità delinquenziale.
Probabilmente, per certe tipologie di persone, serve un intervento coordinato fra tutte le strutture sociali preposte all’educazione e alla correzione comportamentale perchè una sola struttura educativa (famiglia), a volte, può non avere; la forza sufficiente, troppi ritardi culturali, troppa assenza e incapacità all’ascolto, o non ha essa stessa una formazione generale forte tanto quanto servirebbe per lo sviluppo del o della giovane.
La modernità di Dante nell’aver individuato Inferno e Paradiso già in terra, coi suoi attori, coi suoi angeli e diavoli, è ancora cronaca attuale.
Sarebbe estremamente riposante avere risposte, avere giustizia, avere sempre più fiducia.
Provo a rimettermi, con perseveranza, nella forza delle donne e degli uomini preposti a queste risoluzioni. Nonostante tutto.