Il presente lavoro vuole concentrarsi sul ruolo del linguaggio nella filosofia hegeliana, ma ben presto si comprenderà come in esso il linguaggio ha senso solo se studiato assieme all’intelligenza.
Hegel a differenza di molti autori che lo hanno preceduto non affrontò mai direttamente la questione legata all’origine del linguaggio. C’è però da dire che nelle sue opere egli lascia trapelare una sua idea senza però cadere nella querelle relativa alla nascita del linguaggio come dono divino o come frutto dell’evoluzione umana. In Italia le due autrici che meglio hanno affrontato questo tema sono Lucia Ziglioli e Caterina De Bortoli.
Hegel parte dal presupposto che l’uomo essendo un essere razionale sia sempre stato dotato di linguaggio. Secondo il filosofo non è neanche corretto concepire il linguaggio come un mezzo inventato per uno scopo, poiché così lo si andrebbe a ridurre a mero strumento. Il dibattito sull’origine del linguaggio è in realtà uno pseudo-problema che concepisce il linguaggio stesso come sistema chiuso, isolabile dall’evoluzione dell’umanità. Bisogna invece pensare al luogo del linguaggio: «il segno ed il linguaggio sono inseriti da qualche parte, a mo’ di appendici, nella psicologia o ancora nella logica, senza che si sia pensato alla loro necessità e alla loro connessione nel sistema dell’attività dell’intelligenza». Il linguaggio può trovare il suo fondamento solo se studiato all’interno dell’intelligenza, è proprio quest’ultima a far si che i segni si connettano tra loro e possano avere un senso compiuto. Nella concezione hegeliana del linguaggio, esso ha senso solo all’interno della sua funzione determinata che spinge l’intelligenza alla conoscenza.
A questo punto risulta interessante come egli affronta il tema del linguaggio dell’autocoscienza nella Fenomenologia dello spirito, precisamente all’altezza del capitolo VI. In questa sede è bene prendere in considerazione non solo il «linguaggio dell’adulazione» e il «linguaggio della disgregatezza», ma anche al «linguaggio della persuasione» e il linguaggio come medio del riconoscimento reciproco tra le autocoscienze, ovvero al linguaggio della confessione reciproca nel quale si realizza il perdono del male e, dunque, la riconciliazione. In Hegel l’analisi contenuta nella filosofia dello spirito soggettivo costituisce il nucleo della sua filosofia. Il Filosofo definisce ripetutamente il linguaggio come «l’esistenza ideale dello spirito», come «l’esserci dello spirito». Dunque, in tale prospettiva il linguaggio profondamente legato allo Spirito. Ora bisogna però capire perché il Filosofo per analizzare lo Spirito decida di far originare il suo ragionamento dal linguaggio. Questo è un interrogativo fondamentale, al quale non è per nulla semplice rispondere. Ci posso giungere in ausilio le lezioni tenute a Jena tra il 1803-1804 e incentrate proprio sull’apprendimento del linguaggio e la teoria del segno. Per comprendere tali lezioni dobbiamo però introdurre il concetto della Bildung come processo in cui il soggetto supera la propria naturalità, la propria singolarità: il Sé si estranea da se stesso, si toglie come «Sé naturale», come singolo Sé e diviene un soggetto «universale», «spirituale». Dunque, possiamo affermare che in tale sede la Bildung è paragonata al linguaggio. In altre opere si avvicina a definizioni simi, ad esempio affermando che l’animale «non ha bisogno di cultura perché esso è naturalmente ciò che deve essere. Esso è soltanto un essere naturale». L’uomo invece ha bisogno della cultura e del linguaggio poiché non è naturalmente ciò che deve essere. L’uomo non può esprimere tutto sé stesso in uno stato primitivo di natura. Hegel stesso afferma: «non è naturalmente ciò che deve essere».
Un altro aiuto nell’analisi di tali concetti in Hegel ci arriva da Gadamer, il quale afferma: «Ogni singolo individuo che si innalza dal suo essere propriamente naturale all’esistenza spirituale trova nella lingua, nei costumi e nelle istituzioni del suo popolo una sostanza preesistente che, come accade nell’apprendimento della lingua, deve far propria. Perciò l’individuo singolo è già sempre sulla via della cultura, ha già sempre cominciato a superare la propria naturalità proprio in quanto il mondo in cui si sviluppa è un mondo formato nella lingua e nei costumi». Gadamer può affermare ciò dopo aver studiato ed esaminato gli scritti hegeliani della Filosofia dello spirito jenese 1803/04. Qui il linguaggio trova la propria origine e ragione all’interno del complesso processo nel quale l’intelligenza giunge a porre in essere ciò che trova come suo. Tre sono i momenti che caratterizzano il processo:
Intuizione
Rappresentazione
Pensiero
L’intelligenza per conoscere deve prima trovare e determinare sé stessa. Il linguaggio è parte di tale processo e può esistere solo all’interno di esso, proprio per tale motivo esso non può essere studiato come elemento a sé stante.

Il ruolo del linguaggio nell’Intelligenza in Hegel
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