“Il vero coraggio non tollera squilibri ingiusti”.
Jorge Luis Borges
Il Torero, che per secoli è stato e tutt’ora è definito una semidivinità dalla subcultura di una parte di audience ispanica ma non solo, è in realtà la costruzione e la metafora perfetta di una delle più ingannevoli speciem di finto coraggio umano.
Poi spiego il perché.
Il coraggio, è uno dei più alti valori umani, attraverso il quale l’Uomo ha potuto : progredire, prosperare, fare giustizia, sacrificarsi per il prossimo, lottare e trasformare diritti civili, chiudere delle guerre attraverso le perdite di tutto, scoprire, esplorare, riformare. Insomma: dal laboratorio al campo di battaglia questa virtù, fondante l’umanità, è responsabile di moltissimo del bene creato. Gesù è il culmine del “Coraggio”. Per chi ovviamente crede nel Messia come massima espressione morale e spirituale suprema, di quanto appena detto. Giusto per dare un’ allegoria al concetto scritto.
Torno al sospeso iniziale.
Un vero confronto fra esseri viventi si ha ad armi pari ricordando il virgolettato, in apertura, di Borges. Confronto che, nel caso di cui si accenna nel prologo, se non fosse per una serie di strategie e scorrettezze create dietro la maschera della nostra intelligenza superiore (autoproclamata con arroganza secondo parametri unilaterali) perderemmo a mani basse in molte situazioni verso il mondo animale, col quale dovremmo invece essere interconnessi, imparando a coesistere sempre più in armonia, piuttosto che credere ancora a miti ancestrali, all’interno dei quali, uccidere un’altro essere animale con armi impari; magari indossandone la criniera, imbalsamandone il corpo o appendendo al muro il trofeo, sia il cibo più prelibato per il proprio ego e il proprio delirio d’onnipotenza.
La superiorità, a mio avviso, non si dimostra solamente avendo l’intelligenza per andare su Marte ed eventualmente colonizzarla, anche se gli “Specisti” ritengono che questo fattore e altri siano uno dei motivi per cui è giusto dominare il mondo animale, ma pure tutto il resto.
L’Empatia , il Rispetto e la Compassione verso il mondo animale (ma non solo) sono invece segno di progresso morale e di virtù etiche, le quali permettono di creare un mondo armonico. Noi esseri umani non riusciamo (tutti) a capire ancora che esiste una interdipendenza ecologica che se usata bene mantiene in equilibrio l’ecosistema. Dovremmo essere, quale specie sulla carta più intelligente, custodi della natura tutta, e non i suoi Boia.
Il Matador e lo staff di correi corazzati che lo assiste nell’arena, droga ad arte e stressa in anticipo con disumanità calcolata una forza della natura taurina e superiore, istintiva, difensiva, affinché lo stesso arrivi confuso e indebolito in quell’ ovale di morte popolato da una manica di esaltati imbevuti di tradizioni barbare e sicura rabbia repressa, credendo che questa recita possa essere la celebrazione della forza suprematista dell’uomo sulla forza della natura appunto.
Uno spettacolo artefatto, finto, vigliacco e violento che termina spesso purtroppo con l’infilzo delle picche nella zona mortale del Toro quando lo stesso è già stremato dalle altre lance piantate dai picadores, senza l’aiuto dei quali, oltre al già detto, nessun uomo ad armi pari avrebbe chance.
Arriva la stoccata finale contro un animale esausto, solo contro tutti, agonizzante e coraggioso che deve cedere la vita dopo una estenuante e impari lotta per la stessa contro un mondo ostile, compresa l’umiliazione del delirio di un pubblico che plaude a una carneficina. Dalle reazioni di questo materiale umano che assiste con complicità e godimento, si ha chiaro il significato di bassezza.
Questa disparità di confronto premeditata e che da secoli fa sembrare l’essere umano uberalles, ci fornisce invece a ben osservare da altra angolazione, una chiara idea di chi sia il vero Re dell’Arena che, seppur messo in difficoltà grave, lotta fino allo sfinimento, con tutte le forze, tutto il coraggio, tutto l’istinto di difesa e sopravvivenza che non avrebbe voluto usare, fino a quando solo la morte lo domina.
Bene, i Toreri sono i pagliacci di un circo al quale può assistere, con piacere perverso oltretutto, solo un pubblico altrettanto fintamente superiore, involuto, violento e miope, certamente privo degli alti valori fondanti di cui si è brevemente trattato sopra.
La codardìa di un tradimento programmato
L’allevatore alleva il vitello fino a farlo diventare Toro da consegnare, dopo aver creato una infida e premeditata relazione d’amore e fiducia, al macello del pubblico ludibrio. Come millenni fa, saziando una folla che sublimava la propria rabbia e violenza attraverso spettacoli di morte, anch’essi architettati con storico malato squilibrio, pescando nella profondità del fascino che esercita la volontà di dominio attraverso la violenza, su certa umanità
“Chi è crudele con gli animali, non può essere una buona persona”.
Non l’ho detta io.