Il Green Deal europeo rappresenta una delle strategie più ambiziose per affrontare il cambiamento climatico, con l’obiettivo di trasformare l’Europa nel primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Un piano fortemente voluto dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che punta a coniugare crescita economica e sostenibilità ambientale.
Tuttavia, a livello globale, questa visione incontra resistenze significative, soprattutto da parte degli Stati Uniti. La rielezione di Donald Trump nel 2024 ha segnato la conferma di un approccio radicalmente opposto, incentrato sulla crescita economica e sull’indipendenza energetica, spesso a discapito delle politiche ambientali. Il contrasto tra le due visioni evidenzia una frattura geopolitica destinata a influenzare le scelte climatiche ed economiche dei prossimi decenni.
Il Green Deal Europeo: un nuovo modello di sviluppo
Lanciato nel dicembre 2019, il Green Deal Europeo è un pacchetto di misure che mira a ridurre le emissioni di gas serra, promuovere le energie rinnovabili e incentivare un’economia circolare. Il traguardo principale è la neutralità climatica entro il 2050, con una tappa intermedia: riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Per realizzare questa transizione, l’Unione Europea ha stanziato miliardi di euro in investimenti per l’innovazione tecnologica, la riqualificazione delle infrastrutture e il sostegno alle imprese nella transizione verde. Von der Leyen ha più volte ribadito come il Green Deal non sia solo una necessità ambientale, ma anche un’opportunità economica, capace di generare nuovi posti di lavoro e rafforzare la competitività europea nei settori emergenti.
Tuttavia, non mancano le criticità. Alcuni Stati membri, in particolare quelli con un’economia fortemente dipendente dai combustibili fossili, temono ripercussioni su crescita e occupazione. Le proteste del settore agricolo e industriale in vari Paesi europei hanno messo in luce le difficoltà di conciliare sostenibilità e stabilità economica.
Trump 2024: crescita economica e indipendenza energetica
Con la rielezione alla Casa Bianca, Donald Trump ha confermato la sua linea politica a favore della crescita economica e della sovranità energetica. Durante il suo primo mandato (2017-2021), aveva ritirato gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, considerandolo un freno alla competitività americana. La sua amministrazione aveva inoltre allentato le normative ambientali e favorito l’espansione dell’industria fossile.
Oggi, con un nuovo mandato, Trump prosegue su questa strada, sostenendo che le politiche climatiche impongano costi insostenibili a imprese e lavoratori. Il suo approccio si basa su una logica di nazionalismo economico, con l’obiettivo di garantire l’indipendenza energetica degli Stati Uniti attraverso lo sfruttamento di petrolio, carbone e gas naturale.
Questo orientamento, se da un lato rassicura i settori tradizionali dell’economia americana, dall’altro alimenta critiche da parte di scienziati e attivisti, che evidenziano i rischi ambientali di una strategia basata esclusivamente sulle fonti fossili.
Von der Leyen vs. Trump: due visioni contrapposte
Il confronto tra Ursula von der Leyen e Donald Trump rappresenta una frattura geopolitica profonda su come affrontare la sfida climatica e il futuro dell’economia globale.
L’approccio europeo, guidato da von der Leyen, punta su una cooperazione multilaterale e sulla transizione ecologica come motore di sviluppo.
L’approccio americano di Trump, invece, è improntato all’isolazionismo economico, con la priorità di tutelare la crescita interna anche a costo di rinunciare agli impegni ambientali.
Questa divergenza si riflette anche sulle politiche commerciali: l’UE sta introducendo il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), una tassa sulle importazioni da Paesi con standard ambientali più bassi, misura che potrebbe inasprire i rapporti con Washington e con altre economie emergenti.
Il futuro delle politiche climatiche globali
Con la rielezione di Trump, gli Stati Uniti sembrano destinati a mantenere una posizione scettica sulle iniziative climatiche globali. Tuttavia, la pressione internazionale per un’azione più incisiva cresce. L’UE, la Cina e altri attori globali continuano a investire in energia pulita e sostenibilità, rendendo sempre più evidente la necessità di un cambiamento.
L’esito di questa sfida dipenderà dalla capacità di bilanciare le esigenze economiche con l’urgenza di ridurre le emissioni. Il dibattito tra crescita economica e sostenibilità ambientale sarà il nodo centrale della politica internazionale nei prossimi anni, con conseguenze decisive per il futuro del pianeta.