In un clima di attese e incertezze, le recenti mosse diplomatiche stanno tracciando una nuova rotta per il conflitto ucraino. A Riad, in Arabia Saudita, diplomatici di alto livello provenienti da Washington e Mosca si sono confrontati in una sessione intensiva, durata quasi cinque ore, per discutere di un possibile piano di pace strutturato in tre fasi.
Secondo le fonti, i rappresentanti statunitensi e russi hanno messo sul tavolo l’idea di avviare un immediato cessate il fuoco, seguito dalla convocazione di nuove elezioni in Ucraina – dopo quasi un anno di legge marziale – e, infine, dalla definizione di un accordo definitivo. Questo percorso, definito da alcuni osservatori come “un cambio di paradigma” rispetto alle tregue temporanee del passato, potrebbe rappresentare la chiave per sbloccare una situazione che da troppo tempo appare irrimediabilmente congelata.
Nel frattempo, da Mar-a-Lago, il presidente Donald Trump ha commentato con tono ottimista: «I colloqui con i delegati russi sono andati bene. Vedrò Putin a fine mese». Queste dichiarazioni, seppur accolte con un certo entusiasmo da una parte dell’opinione pubblica americana, hanno suscitato non poche polemiche, soprattutto alla luce della protesta di Volodymyr Zelensky per la sua esclusione dai primi tavoli negoziali. Tale esclusione, infatti, evidenzia un nodo critico: la mancanza di un coinvolgimento diretto dell’Ucraina, cuore pulsante del conflitto, potrebbe minare la legittimità di un eventuale accordo di pace.
Il segretario di Stato Marco Rubio, intervenuto successivamente in un confronto telefonico con i ministri degli Esteri del “Quint Nato” (Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti), ha sottolineato l’importanza di allargare il tavolo dei negoziati. Pur riconoscendo le attuali divergenze, in particolare sul ruolo dell’Unione Europea – che da Mosca viene ritenuta responsabile, in parte, dell’inasprimento del conflitto – Rubio ha affermato che “anche l’Europa si siederà al tavolo” in una fase successiva, sebbene per ora il Cremlino preferisca mantenere un dialogo esclusivamente bilaterale con Washington.
Da parte russa, il consigliere per la politica estera Yuri Ushakov ha dichiarato che “sarà Putin a decidere quando e come partire i colloqui”, evidenziando l’intenzione di instaurare un dialogo “permanente e non un mero sollievo temporaneo”. Tale posizione, unita a quella del viceministro degli Esteri Aleksandr Grushko – che ha esplicitamente escluso un coinvolgimento immediato dell’UE, accusandola di prolungare la guerra con una politica dilatoria – conferma la volontà del Cremlino di riprendere in mano la direzione delle trattative.Il quadro si fa così sempre più articolato: da una parte, gli Stati Uniti, con Trump e Rubio a fare da catalizzatori di un percorso che intende rinnovare la diplomazia incentrata su obiettivi geopolitici e opportunità economiche future; dall’altra, la Russia, decisa a riscrivere le regole del confronto internazionale e a escludere gli attori che, a suo avviso, hanno ostacolato in passato una soluzione duratura.
Questa dinamica ha inoltre riportato in primo piano il gruppo informale del “Quint Nato”, con il quale i rappresentanti statunitensi hanno scambiato impressioni e valutazioni sugli sviluppi a Riad. La collaborazione tra Stati Uniti e i principali Paesi europei resta quindi un tassello fondamentale per il raggiungimento di un equilibrio in un momento storico in cui la fine del conflitto ucraino continua a essere uno degli obiettivi più ambiziosi e delicati della diplomazia internazionale.
Nonostante le buone intenzioni e i segnali di apertura, il percorso rimane tutt’altro che lineare. La persistente esclusione di Zelensky dal primo ciclo di negoziati solleva interrogativi sul futuro ruolo dell’Ucraina e sulla capacità degli attori internazionali di coinvolgere tutti i protagonisti in un dialogo costruttivo. Mentre il Cremlino guarda con sufficiente determinazione a una soluzione bilaterale con Washington, le potenze occidentali insistono sul fatto che un accordo duraturo debba prevedere una partecipazione più ampia e condivisa.In conclusione, i recenti sviluppi a Riad offrono un barlume di speranza, ma evidenziano anche la complessità intrinseca di un processo che dovrà fare i conti con interessi nazionali, dinamiche geopolitiche e la necessità impellente di un coinvolgimento diretto dell’Ucraina. Nei prossimi giorni, gli occhi del mondo resteranno puntati su eventuali progressi, consapevoli che ogni piccolo passo verso il dialogo potrebbe rappresentare una svolta decisiva in una crisi che ha segnato profondamente il panorama internazionale degli ultimi anni.