Nell’anno 1746,Immanuel Kant,nell’opera intitolata “Saggio sulle malattie della mente”,ha affrontato  le tematiche attinenti all’origine somatica delle patologie psichiche,analizzando,altresì,le modalità con cui tali disturbi si manifestano tanto a livello individuale quanto collettivo.
Attraverso l’adozione di un metodo critico,Kant ha,quindi,messo in discussione le conoscenze precostituite,i valori fondanti della cultura occidentale e, più in gene rale, la concezione dell’essere umano stesso.
Secoli più tardi, Franco Basaglia (1924–1980), noto per la sua posizione critica e innovativa nei confronti della psichiatria tradizionale, ha sostenuto che la “follia costituisce un prodotto sociale, derivante dalle regole costrittive, dai tabù e dai ritmi ossessivi imposti dalla società stessa. Il matto è semplicemente un diverso reso tale dalle circostanze”.
Tali affermazioni,sebbene espresse in un contesto storico e culturale differente, non si discostano sostanzialmente dalle riflessioni elaborate da Kant.
Tuttavia,nonostante il trascorrere del tempo,la situazione attuale non risulta sostanzialmente mutata.
Secondo quanto riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), una persona su otto a livello globale convive con un disturbo mentale.
In ambito nazionale,si stima che circa 850.000 individui siano attualmente assisti ti dai servizi psichiatrici pubblici sebbene si  tratti,peraltro,di una stima pruden ziale (www.dossiersalute.com- 16 luglio 2025).
Tutto quanto premesso e contestualizzato nell’ambito carcerario,conduce a una serie di considerazioni critiche in merito al trattamento della malattia mentale all’interno delle istituzioni penitenziarie,al sistema sanitario pubblico e alle politi che di settore.
Il confronto tra queste tre dimensioni — giustizia, sanità e politica — si configura come un processo estremamente articolato e complesso,la cui finalità prioritaria deve essere quella di garantire soluzioni efficaci, rispettose dei diritti fondamen tali della persona,tali da scongiurare ogni possibile regressione verso il modello superato dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG).
Gli OPG sono stati aboliti nell’anno 2013 con la previsione delle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza(REMS),che costit uiscono strutture concepite non come meri sostituti degli OPG,bensì come presìdi a prevalente funzione terapeutico-riabilitativa,in cui l’approccio custodiale risulta subordinato al trattamento sanitario e alla tutela della dignità della persona affetta da disturbi mentali ed autori di reato.
Le criticità,tuttora irrisolte,in materia di esecuzione delle misure di sicurezza detentive presso le REMS,risultano molteplici e strutturali.
In primo luogo,va evidenziatta la carenza di strutture adeguate,cui si aggiunge l’insufficienza del personale specializzato,deputato all’assistenza terapeutica e alla gestione clinico-sanitaria degli ospiti.
A ciò si sommano le prolungate liste di attesa per l’accesso alle REMS, le quali determinano un concreto pregiudizio per i soggetti destinatari delle misure,in evidente contrasto con i principi costituzionali di tutela della salute e della libertà personale.
Inoltre,allo stato attuale, i dati relativi al numero di persone in attesa di ingresso nelle strutture REMS risultano eterogenei,non sempre aggiornati né uniforme mente rilevati.
La stessa Corte Costituzionale,nella sentenza n. 22 del 2022,ha posto in evidenza la significativa disomogeneità tra i dati forniti dal Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria(DAP) — secondo i quali al 31 luglio 2021 risulta vano 750 soggetti in attesa di inserimento — e quelli trasmessi contestualmente alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, che indicavano un numero pari a 568 unità.
Alla luce delle criticità evidenziate e dell’esigenza di un’efficace monitoraggio dei tempi di accesso alle REMS,con ò’Accordo raggiunto dalla Conferenza Unificata del 30 novembre 2022,éstato ostituito il Sistema Informativo SMOP (Sistema Monitoraggio Ospiti Psichiatrici),finalizzato alla raccolta sistematica,aggiornata e omogenea dei dati relativi ai tempi di attesa per ciascuna Regione.
I dati regionali delle persone in attesa di accesso alla REMS (lista d’attesa SMOP) diffusi dal Rapporto Antigone.relativi al primo semestre 2025,sono i seguenti:
• Sicilia: circa 209 persone
• Campania: circa 93 persone
• Lombardia: circa 73 persone
• Lazio: circa 67 persone.
Tali 4 regioni concentrano oltre l’83% della lista nazionale complessiva
Ai dati sopra indicati si deve aggiungere che la Calabria,pur non rientrando ancora formalmente nel sistema SMOP,risulterebbe anch’essa attinta da ritardi organizzativi e numerosi soggetti in attesa di assistenza,come emerge da un dato stimato,non incluso ufficialmente tra quelli ufficiali.
Alla luce delle criticità di funzionamento delle REMS,il Ministero della Salute in data 15 luglio 2025,ha trasmesso alla Conferenza Unificata,istituita ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 28 agosto 1997,n.281,quale sede di coordinamento tra Governo, Regioni, Province autonome di Trento e Bolzano ed Enti locali,il nuovo documento programmatico denominato “Piano di Azioni sulla Salute Mentale 2025-2030”.
Con il Piano é stato elaborato un modello di intervento,non più imperniato esclu sivamente sul metodo clinico,bensì orientato,in conformità delle Linee Guida dell’OMS e della Commissione Europea,verso una prospettiva integrata che valo rizza gli ambiti sociali, relazionali e comunitari della salute mentale.
In tale contesto,la persona assume un ruolo centrale,non è più classificata unicamente come “paziente”, ma riconosciuta nella sua globalità e nei suoi diritti di cittadinanza.
I DSM avranno anche una funzione di raccordo tra le strutture ospedaliere,i servizi sociali territoriali,il sistema scolastico,il mondo del lavoro e il Terzo Settore, al fine di garantire percorsi di cura e inclusione fondati sulla continuità assistenziale e sull’integrazione sociosanitaria.
Il documento in questione è articolato in sei aree tematiche,di cui la terza è specificamente dedicata alla”Salute mentale per le persone detenute o imputabili affette da disturbi mentali, autrici di reato e sottoposte a misure di sicurezza”onn cui viene ribadita la necessità che i DSM siano potenziati mediante l’integrazione di personale adeguatamente formato in ambito psichia trico-forense e penitenziario.
Inoltre,ciascuna Azienda Sanitaria,tramite i presìdi sanitari penitenziari,attivi all’interno di ogni istituto di detenzione,e con l’ausilio dei servizi sanitari territoriali ed ospedalieri,dovrà,quindi,farsi carico della salute mentale delle perso ne detenute,garantendo l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), nel rispetto dei principi di equità, continuità e appropriatezza delle cure.
Da parte sua,il Servizio Psichiatrico interno all’istituto penitenziario dovrà garan tire l’individuazione precoce di eventuali disturbi psichici nei detenuti, al fine di prevenire e ridurre il rischio suicidario e comportamenti auto o eterolesivi, non ché di monitorare e contenere l’eventuale aggravamento di condizioni psicopato logiche preesistenti.
L’obiettivo primario da conseguire è quello di garantire la tutela della fragilità psichica ed,in particolare nell’ambito dell’Area 3,la garanzia di un’assistenza efficace e continuativa per i c.d. “rei-folli e folli-rei”,sia nella fase detentiva che in quella successiva, secondo un modello improntato alla continuità terapeutica e socio-assistenziale.
In conseguenza,e per la prima volta, viene esplicitamente riconosciuta la centra lità della persona rispetto alla mera condizione di “malato di mente”,in coerenza con i principi della psichiatria di ispirazione basagliana,che ha rappresentato un modello di riferimento a livello internazionale nell’approccio ai disturbi mentali.
Seguendo quanto previsto dal documento,vi saranno delle “effettive” risposte in grado di far fronte all’attuale urgenza sociale nella “malattia mentale come parte integrante della salute globale,abbattendo le barriere culturali e strutturali che ancora oggi la separano dalla medicina generale.

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