NAPOLI, LO SCUDETTO DEL RITORNO

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La città abbraccia il quarto tricolore con il cuore di Maradona e lo sguardo fiero di Conte

Quarto scudetto. A pronunciarlo, sembra ancora impossibile. Ma a Napoli, nulla è davvero impossibile. Il Napoli torna sul tetto d’Italia e lo fa con la forza di un popolo, la guida di Antonio Conte e l’anima di Diego Armando Maradona che, anche se non c’è più, continua a camminare con noi.

Il Napoli di Conte: rabbia, orgoglio e fame

Antonio Conte è arrivato per ricostruire, ma ha fatto di più: ha incendiato di passione un gruppo che aveva bisogno di ritrovarsi. Con il suo carisma feroce e la sua fame inesauribile di vittoria, ha trasformato ogni allenamento in battaglia, ogni partita in una promessa. Il suo Napoli ha mostrato muscoli, intelligenza e spirito: un 4-3-3 compatto, cinico, elegante. Ha domato gli stadi, ha respinto i pronostici, ha dettato legge.

Kvaratskhelia, tornato a brillare. Osimhen, un leone affamato d’aria e gloria. E poi capitan Di Lorenzo, simbolo di continuità e maturità. Attorno a loro, giovani cresciuti in fretta e veterani tornati leader. È una squadra vera, che ha sudato ogni punto, che ha vinto con le unghie e con il cuore.

Il fantasma amato: Diego c’è

Sarebbe superficiale dire che questo scudetto è dedicato a Diego. No, è di Diego. Perché senza di lui, senza ciò che ha insegnato a Napoli – cioè che si può sognare anche con le mani sporche e il cuore ferito – questo cammino non sarebbe mai stato possibile.

Maradona non ha mai lasciato la città. È nei bambini che tirano un pallone in salita, nelle maglie numero 10 scolorite dal tempo, nei murales che lo ritraggono con l’aureola, nei vecchi che parlano di lui come si parla di un parente stretto.

E in questo scudetto, il quarto, c’è la sensazione che Diego abbia guidato tutto. Che Conte abbia avuto accanto a sé un’ombra leggera ma potentissima. Che ogni gol sia stato un omaggio a lui, all’uomo che ha insegnato a Napoli cosa significa sentirsi grandi.

Il processo: il bisogno di verità

Mentre la città si colora ancora di bandiere e cori, prosegue il processo sulla morte di Maradona. Una pagina dolorosa, necessaria. Perché Napoli non dimentica. E non può accettare che chi ha dato tutto alla città sia stato lasciato solo nel momento più fragile.

Il processo non è vendetta. È un atto d’amore. È la ricerca, forse disperata, di una verità che plachi il dolore. Perché Maradona non era solo un calciatore, era un figlio adottivo, e Napoli vuole sapere: chi doveva proteggerlo? Chi non lo ha fatto?

Un amore che non finisce mai

Questo quarto scudetto non è solo una coppa. È un ritorno, una rinascita, una prova d’amore. È la conferma che Napoli non smette mai di lottare, anche quando tutto sembra perduto. Che ogni caduta è solo una rincorsa. Che il calcio, qui, è vita.

Conte ha regalato solidità. I giocatori hanno dato il cuore. La città ha dato l’anima. E Diego – da qualche parte, tra le stelle o sopra lo stadio che porta il suo nome – ha sorriso.

Perché il Napoli ha vinto. Ma soprattutto, Napoli ha ricordato.

“Dove c’è una palla, c’è una speranza. E dove c’è Napoli, c’è sempre un sogno che non muore.”

— Dedicato a Diego Armando Maradona