Ponte sullo Stretto, il no della Corte dei Conti accende lo scontro tra poteri dello Stato



Il rifiuto della Corte dei Conti di registrare la delibera CIPESS relativa al Ponte sullo Stretto di Messina non è soltanto un atto amministrativo: è il nuovo epicentro di una frizione istituzionale che tocca la sostanza stessa del rapporto tra potere politico e organi di controllo.

L’opera simbolo del Governo guidato da Giorgia Meloni, promossa dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini come “sogno che diventa realtà”, si trova ora a dover affrontare l’ostacolo più imprevisto: non l’opposizione politica, ma la verifica di legittimità contabile.

Il nodo della delibera CIPESS

La decisione della Sezione centrale di controllo di legittimità della Corte dei Conti è arrivata dopo un’analisi accurata della documentazione trasmessa dai ministeri competenti e dalla Presidenza del Consiglio. L’atto, che approva il piano economico e finanziario dell’infrastruttura, non ha ottenuto il visto necessario per la registrazione.

I giudici contabili hanno sollevato diverse osservazioni: dalla completezza delle motivazioni alla coerenza tra i costi stimati e quelli certificati dai consulenti esterni, fino ai rilievi sulle procedure adottate e sui pareri tecnici mancanti. Questioni che, pur apparentemente tecniche, toccano il cuore della trasparenza amministrativa.

Una delle contestazioni, addirittura, riguarda l’invio di documenti voluminosi tramite link digitali — dettaglio che, per il Governo, dimostrerebbe una “capziosità burocratica”, come se la tecnologia fosse ancora un’intrusa nei corridoi della pubblica amministrazione.

La reazione del Governo: “Invasione della giurisdizione”

Dura e immediata la risposta di Palazzo Chigi. Giorgia Meloni ha definito la mancata registrazione “l’ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento”. Il riferimento non è solo alla delibera bloccata, ma a un tema più ampio: quello del bilanciamento dei poteri e del ruolo della magistratura contabile nelle decisioni di carattere politico.

Il Governo, attraverso i ministeri interessati, ha già annunciato che fornirà tutti i chiarimenti richiesti e che la riforma della Corte dei Conti e quella della giustizia — entrambe in discussione al Senato — costituiranno “la risposta più adeguata a un’intollerabile invadenza”.

Dal canto suo, il ministro Salvini ha ribadito che “il Ponte si farà” e che l’opera non si ferma “per cavilli o incomprensioni”.

Un conflitto che va oltre il Ponte

Dietro la vicenda si nasconde un nodo più profondo: fino a che punto gli organi di controllo possono intervenire sulle decisioni dell’Esecutivo? E dove finisce il diritto-dovere di vigilanza e inizia la sovrapposizione con la sfera politica?

La Corte dei Conti, istituzionalmente chiamata a garantire la correttezza e la sostenibilità delle spese pubbliche, difende la propria autonomia. Il Governo, invece, rivendica la libertà di azione sulle grandi scelte strategiche, considerate parte integrante del mandato popolare ricevuto.

Non è la prima volta che la costruzione del Ponte sullo Stretto diventa un simbolo di scontro. Dalla sua prima apparizione nel dibattito politico, l’opera è passata attraverso decenni di promesse, stop e rinvii, oscillando tra entusiasmo e scetticismo, tra visione e burocrazia.

Oltre la polemica: l’Italia alla prova della modernità

Al di là dei toni e delle reazioni, la vicenda racconta molto dell’Italia contemporanea: un Paese in cui l’innovazione, le infrastrutture e la politica si scontrano ancora con la lentezza delle procedure e con un sistema di controlli spesso percepito come ostile.

Ma se la burocrazia non può diventare una zavorra, è altrettanto vero che la trasparenza non è un optional. Il Ponte sullo Stretto non sarà solo un’opera di ingegneria: sarà un banco di prova per la credibilità delle istituzioni e per la capacità di un Paese di coniugare velocità decisionale e rigore amministrativo.

In questo intreccio di poteri, la domanda resta aperta: chi deve costruire il futuro — la politica o la prudenza dei controlli?

Forse la vera sfida non è decidere “se” il Ponte si farà, ma “come” si costruirà un’Italia capace di unire sviluppo e responsabilità, visione e legalità.


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