“Stare in disparte, isolarsi” è il significato della parola Hikikomori, termine che deriva dal verbo hiku (tirare indietro) e komoru (ritirarsi). Il fenomeno Hikikomori è una sindrome sociale che si esprime attraverso il “ritiro sociale” (social withdrawall), una volontaria reclusione dal mondo esterno, una forma di auto-esclusione, un isolamento dal contesto sociale e un rifiuto totale non solo per ogni forma di relazione, ma anche per la luce del sole. Nei casi più gravi i giovani Hikikomori sigillano le finestre con carta scura e nastro adesivo. La vita di questi giovani segregati si svolge all’interno della propria camera, dormono di giorno e vivono solo di notte, una vita in cui le uniche forme di interrelazione avvengono attraverso Internet, videogiochi o libri. Un ritiro sociale totale ed estremo fino al tentativo di annientare sé stessi, evitando qualunque tipo di comunicazione e di relazione diretta con altri individui. Una reclusione sostenuta esclusivamente dai propri genitori, che spesso divengono vittime dell’aggressività dei propri figli.
L’origine del fenomeno è piuttosto complessa, parliamo di un disagio psichico dovuto a una serie di fattori che vedono coinvolti l’interdipendenza tra genitori e figli, la presenza di una figura materna iperprotettiva, un’assenza del padre e un contesto sociale omologante, coartativo e frustrante. Sono altresì presenti ampi disagi, sia all’interno del contesto familiare che in quello sociale, con l’effetto di generare forti pressioni psicologiche esercitate dai genitori sui figli. Tutti questi elementi andrebbero a provocare nell’adolescente un angoscioso senso di inadeguatezza, alimentato dalla paura del confronto con l’altro al punto tale da renderlo insostenibile. Il silenzio diviene così la sola forma di comunicazione.
L’identikit del giovane hikikomori è quello di un giovane tra i 14 e i 30 anni, di estrazione sociale medio-alta, con una prevalenza di casi di sesso maschile. Per lo più figlio unico di genitori entrambi laureati ove la figura paterna che tendenzialmente ricopre un ruolo dirigenziale, risulta essere quasi sempre assente, mentre la madre, spesso casalinga, si occupa della gestione di figli e casa.
L’auto-isolamento si caratterizza per mezzo di un totale rifiuto di una qualunque tipologia di rapporti interpersonali non solo esterni, ma anche all’interno del proprio nucleo familiare, in cui persino i genitori vengono esclusi da ogni forma di interazione e l’unica forma di contatto filiale è rappresentata dal passaggio del cibo attraverso la porta della propria stanza. Non vengono ad alterarsi solo la nozione di tempo e spazio, con la conseguente inversione del ritmo giorno/notte, ma il disagio psichico vissuto si esprime anche attraverso una sorta di regressione infantile che si alterna tra un eccessivo attaccamento materno, espresso da una forma patologica e snaturata di dipendenza, fino ad arrivare ad un’estrema forma di violenza domestica agita all’interno del sistema familiare. Spesso la vittima principale è la madre che diviene schiava del figlio. Tale violenza viene scaturita dall’angoscia e dalla tristezza che vengono alimentate dal senso di colpa; la finalità di tali agiti è punire la propria famiglia ritenuta responsabile del proprio dolore.
È importante sottolineare come tale fenomeno sia accompagnano da una percentuale di suicidi molto bassa, nonostante i giovani coinvolti dichiarino spesso di volerlo fare. L’isolamento, la pressione psicologica e la conseguente ferita narcisistica dell’orgoglio, sopraffatto dalla vergogna dell’essere esclusi dal gruppo dei pari, diventano così una reazione che sfocia nell’isolamento sociale, un rifiuto per ciò che ha provocato questo dolore. La timidezza si amalgama in una morbosa paura degli altri, prendendo i connotati di una vera e propria fobia sociale.
La maggioranza degli italiani è convinta che la causa dell’isolamento degli adolescenti debba essere ricercata nell’utilizzo smodato del PC con conseguente abbandono delle relazioni fisiche a favore di quelle virtuali. La scelta di isolarsi in realtà non è causata da un ossessivo e smodato impiego del mezzo informatico, ma quest’ultimo è solo uno strumento a disposizione del soggetto che spontaneamente sceglie di interrompere i rapporti con il mondo esterno. La segregazione non è collegata all’ utilizzo di Internet, il web non ne è la causa, ma altro non è che un ritrovato tecnologico perfettamente funzionale rispetto all’esperienza della reclusione. Internet permette pratiche ludiche, la creazione di realtà virtuali che sottraggono l’individuo alla pressione e al giudizio dell’altro e che danno vita ad una serie di differenti Sé che non possono essere giudicati da nessuno. Tutto ciò consente di conservare una parvenza di parola e mantenere l’esperienza Hikikomori all’interno di una dimensione immaginaria narcisistica che allontana i comportamenti autodistruttivi del soggetto. In tal modo la rete avrebbe la capacità di preservare dal rischio di suicidio, consentendo di esperirsi in un mondo ideale in cui si può agire sotto forma di “avatar” con le caratteristiche sognate e dove, nel momento i cui le cose dovessero prendere una piega non accettata, è possibile semplicemente disconnettersi. Internet salva i soggetti che praticano Hikikomori dal loro stesso oblio.
Un ulteriore stereotipo legato alla superficiale conoscenza della sindrome è il connubio isolamento=depressione, ovvero una patologia debilitante che impatta fortemente sugli aspetti cognitivi della persona, rendendo difficile, nei casi più gravi, compiere le azioni quotidiane. È innegabile che in alcuni Hikikomori sia presente l’aspetto depressivo ma, nella maggioranza dei casi, la depressione non è frutto dell’isolamento, ma bensì dell’incapacità di affrontare il mondo esterno. Nella stanza l’individuo sperimenta quel poco di sollievo ed equilibrio che fuori difficilmente prova. Egli è consapevole della propria situazione psicologica, ma preferisce la reclusione volontaria piuttosto che affrontare il mondo esterno. Gli Hikikomori non sono come sovente si crede schizofrenici o affetti da deliri paranoidi o allucinazioni, sono persone lucide, in grado di portare a termine ragionamenti approfonditi su di sé e sugli altri.

HIKIKOMORI
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