IL DOPPIO OMICIDIO DEL PIGNETO

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La nuova geografia del crimine cinese a Roma

Il recente duplice omicidio avvenuto in un appartamento del quartiere Pigneto, a Roma, scuote le fondamenta della narrazione ordinaria sulla criminalità urbana. Due cittadini cinesi – tra cui Zhang Dayong, figura chiave nella logistica commerciale parallela nota come “China Truck” – sono stati freddati con modalità tipiche delle esecuzioni mafiose. Un’esecuzione silenziosa, chirurgica, ma dal messaggio inequivocabile.

La scena del crimine: firma e intenzione

Secondo i primi rilievi, i due corpi sono stati scoperti martedì mattina. L’omicidio sarebbe avvenuto la sera prima, lunedì, intorno alle ore 22:00. Le vittime sarebbero state raggiunte da colpi d’arma da fuoco all’ingresso dell’abitazione. Nessun segno di effrazione, nessuna colluttazione, nessun furto: la tipica pulizia che accompagna un’esecuzione su commissione. Un “lavoro” mirato, probabilmente realizzato da soggetti ben inseriti all’interno di un’organizzazione.

Zhang Dayong: un nome, una rete

Zhang Dayong non era un nome qualsiasi. Per gli inquirenti della Direzione Distrettuale Antimafia del Lazio, da tempo risultava figura strategica nella gestione e nel coordinamento di una rete informale ma potentissima: la China Truck, una struttura di trasporto merci che collega aziende tessili cinesi in tutta Italia, spesso al di fuori dei canali legali. Questo sistema parallelo consente non solo la movimentazione rapida di merci, ma anche – secondo varie indagini – flussi di denaro non tracciati e lavoro nero.

Il movente: potere e controllo economico

Le indagini si stanno orientando verso una matrice interna alla criminalità cinese. La modalità dell’omicidio e la figura delle vittime suggeriscono un regolamento di conti per la supremazia territoriale ed economica. In gioco c’è il controllo dei flussi commerciali tra Roma, Prato e il Nord Italia, con particolare riferimento all’importazione e distribuzione di abbigliamento a basso costo, spesso proveniente da laboratori non censiti.

Non si tratterebbe quindi di un omicidio passionale o occasionale, ma dell’eliminazione strategica di un soggetto che, per qualcuno, era divenuto scomodo. Che si tratti di un tradimento interno, di una faida tra clan o di una scalata di potere da parte di gruppi emergenti, sarà compito degli inquirenti ricostruire la catena delle responsabilità.

Una comunità chiusa e difficile da penetrare

Un ulteriore elemento di complessità per le autorità italiane è rappresentato dal silenzio della comunità cinese. La cultura del riserbo, unita al timore di ritorsioni, rende estremamente difficile ottenere testimonianze o collaborazioni. Questo silenzio rafforza l’impunità e complica l’azione repressiva.

Conclusioni: un caso-simbolo

Il caso Pigneto è destinato a diventare un esempio emblematico della presenza silente ma pervasiva delle mafie cinesi nel tessuto urbano delle grandi città italiane. La sua lettura richiede competenze trasversali: criminologiche, antropologiche e investigative.

Non si tratta di una semplice faida o di un episodio isolato, ma dell’evidente emersione di un conflitto sistemico per il controllo di una fetta rilevante dell’economia sommersa. L’Italia, oggi più che mai, è chiamata a dotarsi di strumenti culturali e operativi per decifrare una criminalità che parla molte lingue, agisce nel silenzio e conosce perfettamente i punti ciechi della nostra giustizia.