Come vengono valutate le reazioni umane di mente e corpo negli interrogatori
Il corpo può manifestare reazioni psicofisiologiche che, sebbene non sempre indicative di debolezza di inganno, possono riflettere uno stato di tensione o disagio. Variazioni nella prossemica (la gestione dello spazio interpersonale), alterazioni nel contatto oculare (evitamento, fissazione prolungata), aumento della frequenza di manipolatori (gesti auto-diretti come toccarsi il viso o i capelli) o microespressioni facciali (un’espressione emotiva involontaria e della durata di un quarto di secondo o meno possono essere osservate e analizzate nel contesto specifico dell’interrogatorio. È importante sottolineare che tali segnali non hanno un significato univoco e la loro interpretazione richiede cautela, considerando la possibilità che il nervosismo possa derivare dalla situazione stessa dell’interrogatorio. L’analisi si concentra sull’individuazione di cluster di comportamenti (insiemi di segnali che si presentano contemporaneamente) e sulla loro incongruenza con il contenuto semantico (il significato delle parole) e lo stile pragmatico (il modo in cui le parole vengono usate per raggiungere uno scopo) del racconto verbale.
Parallelamente all’osservazione del comportamento non verbale, si analizza il linguaggio utilizzato dalla persona interrogata. Si valutano la struttura narrativa (la coerenza temporale e logica del racconto), la presenza di omissioni significative (informazioni rilevanti mancanti), l’uso di specifici marcatori linguistici di incertezza (come “credo”, “forse”, “mi sembra”) o di distanziamento emotivo (l’uso di un linguaggio passivo o impersonale per descrivere eventi negativi), e la coerenza interna della narrazione a livello sintattico (la struttura delle frasi) e lessicale (la scelta delle parole). Anche in questo caso è fondamentale evitare interpretazioni semplicistiche, poiché fattori individuali e contestuali (come il background culturale o lo stato emotivo) possono influenzare il modo di esprimersi. Qualsiasi osservazione o interpretazione deve essere condotta con rigore scientifico e nel pieno rispetto della presunzione di innocenza.
L’analisi comportamentale rappresenta uno strumento che può orientare le indagini e suggerire aree di approfondimento, ma non costituisce di per sé una prova di colpevolezza. L’applicazione dell’analisi comportamentale in contesti giudiziari richiede una profonda consapevolezza delle implicazioni etiche e metodologiche. È cruciale evitare generalizzazioni basate su stereotipi comportamentali e basarsi su metodologie validate scientificamente, come l’analisi della validità della dichiarazione (Statement Validity Assessment – SVA) o tecniche di analisi della menzogna basate sul contenuto (Content-Based Criteria Analysis – CBCA), quando applicabili. L’obiettivo primario è fornire agli inquirenti elementi oggettivi per una valutazione più completa, senza pregiudicare la posizione della persona interrogata.
L’analisi del linguaggio verbale e non verbale rappresenta un ambito specialistico che contribuisce al processo investigativo. Attraverso l’osservazione sistematica (l’applicazione di protocolli strutturati) e l’interpretazione cauta dei comportamenti, gli esperti cercano di fornire elementi utili alla comprensione degli eventi, sempre nel rispetto dei principi fondamentali della giustizia e della presunzione di innocenza.”
In Italia l’utilizzo dell’analisi comportamentale negli interrogatori presenta delle limitazioni significative, radicate nei principi fondamentali del diritto processuale penale e nelle garanzie costituzionali a tutela della libertà di autodeterminazione e del diritto di difesa. La legge italiana vieta esplicitamente l’utilizzo di metodi o tecniche idonee a “influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti” della persona interrogata, anche con il suo consenso. Tecniche di analisi comportamentale che mirano a indurre risposte o a esercitare una pressione psicologica significativa sul soggetto potrebbero essere interpretate come violazioni di questa norma. Prima dell’interrogatorio, la persona deve essere avvertita della facoltà di non rispondere a nessuna domanda e che le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti. L’utilizzo di tecniche di analisi comportamentale che mirano a “smascherare” presunte menzogne attraverso l’interpretazione di segnali non verbali potrebbe implicitamente minare questo diritto, creando una pressione a dover “dimostrare” la propria innocenza attraverso il proprio comportamento.