Roma, 27 ottobre 2025 – È arrivata la firma definitiva sul Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro della Sanità per il triennio 2022-2024. Un documento che riguarda oltre 580 mila lavoratori del Servizio Sanitario Nazionale, tra infermieri, operatori socio-sanitari, tecnici, ostetriche, fisioterapisti e personale amministrativo.
Un traguardo che, però, divide. Da una parte l’ARAN e le sigle firmatarie – Cisl, Fials, Nursind e Nursing Up – che esultano per una “intesa storica”; dall’altra la FSI-USAE, che parla senza mezzi termini di “fallimento politico e contrattuale”, definendo l’accordo “il peggiore degli ultimi trent’anni”.
> “Lo abbiamo detto a giugno e lo ribadiamo oggi: questo è un contratto degli incapaci. Aumenti irrisori, arretrati minimi, carriera bloccata. È un colpo basso ai professionisti della sanità”, denuncia Adamo Bonazzi, segretario generale della FSI-USAE.
Secondo la Federazione, il nuovo CCNL non solo non riconosce la specificità del comparto sanitario, ma finisce per assimilare medici, infermieri e tecnici a categorie puramente amministrative. “L’Aran ha dimostrato di non comprendere che la sanità non può essere gestita come un ufficio – afferma Bonazzi –. Servono regole e percorsi di carriera diversi, basati sul merito e sulle competenze, non sull’appartenenza sindacale.”
Le risorse complessive stanziate ammontano a 1,7 miliardi di euro, ma tradotte in busta paga il risultato appare deludente:
15,66 euro al mese per la specificità infermieristica,
6,52 euro per il pronto soccorso,
15,52 euro per risorse decentrate.
Gli arretrati? Tra 1.700 e 2.100 euro lordi per 46 mesi, pari a poco più di 28 euro netti al mese. “Numeri che parlano da soli – commenta la FSI-USAE –. Non si può parlare di valorizzazione professionale quando l’inflazione ha già eroso tutto prima ancora che arrivi in busta paga.”
Il punto più contestato è l’introduzione dell’Area del personale di elevata qualificazione, che avrebbe dovuto rappresentare una via di crescita, ma che per la FSI-USAE rischia di diventare “una gabbia dorata”.
> “Si ricostruisce quel tetto di cristallo che da decenni si tenta di abbattere – osserva Bonazzi –. Il professionista di base resta schiacciato e sempre più demotivato, costretto a scegliere tra la precarietà o la fuga verso il privato.”
Le uniche novità positive riguardano il personale dei Pronto Soccorso, con aumenti più consistenti a partire dal 2025 (305 euro mensili, che diventeranno 366 nel 2026) e nuove tutele contro le aggressioni. Ma anche qui, la FSI-USAE invita alla cautela: “Sono correttivi parziali – spiega il sindacato – che non cambiano la sostanza. Servono risorse vere e una riforma strutturale, non bonus a scadenza.”
Nel suo complesso, il nuovo contratto segna – secondo la FSI-USAE – un passo indietro nella valorizzazione dei professionisti della salute, proprio in un momento in cui il sistema sanitario pubblico mostra i segni di una crisi profonda: carenze di personale, burnout, liste d’attesa interminabili e disuguaglianze territoriali sempre più marcate.
“È l’ennesima occasione mancata per ridare dignità al lavoro sanitario e ricostruire fiducia nelle istituzioni – conclude Bonazzi –. Si continua a chiedere ai professionisti di tenere in piedi la sanità italiana, ma senza riconoscere né valore né futuro al loro impegno.”
Un messaggio amaro, che suona come un campanello d’allarme: la sanità pubblica non può reggersi all’infinito sulla passione di chi la serve. Servono visione, coraggio e rispetto per chi ogni giorno, in silenzio, salva vite.
Sanità pubblica, firmato il nuovo contratto. FSI-USAE: “Il peggiore degli ultimi trent’anni”

