Il DNA dimenticato e le prove mai ascoltate
Il caso dell’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto nel 2007 a Garlasco, torna prepotentemente all’attenzione dell’opinione pubblica grazie a una serie di sviluppi investigativi che gettano nuove ombre su una vicenda da sempre caratterizzata da misteri, omissioni e piste mai completamente battute.
Nei giorni scorsi, un sopralluogo nel canale di scolo di Tromello ha portato al rinvenimento di diversi oggetti compatibili con il delitto: un martello con testa tonda e impugnatura “a coda di rondine”, un attizzatoio, una mazzetta da muratore e la testa di un’ascia. Oggetti la cui sparizione fu denunciata già all’epoca dei fatti dalla famiglia Poggi e che oggi riemergono come potenziali strumenti del crimine.
Tali elementi sono stati segnalati da un supertestimone, il quale ha anche rivelato presunti tentativi di insabbiamento: inizialmente contattato dal legale della famiglia Poggi per fornire elementi utili alle indagini, il testimone avrebbe poi subito pressioni per non parlare, poiché le sue dichiarazioni spostavano l’attenzione investigativa su Andrea Sempio, inizialmente considerato solo marginalmente rispetto alla figura di Alberto Stasi. Il legale in questione – secondo il testimone – era un ex allievo del padre delle gemelle Cappa, e si sarebbe avvalso anche dell’intercessione di un personaggio influente per dissuaderlo dal riferire altri dettagli, consigliandogli il silenzio per evitare “problemi più grandi di lui”.
Già nelle recenti puntate della trasmissione televisiva Psiche Criminale, alla quale ho partecipato come esperto, avevo sottolineato l’urgenza di rivalutare quegli elementi lasciati colpevolmente ai margini delle indagini, parlando apertamente di possibili svolte e dell’esistenza di tracce mai approfondite.
Tra queste spicca la cosiddetta “traccia 33”, un profilo genetico rinvenuto su un muro della scena del crimine nelle giornate odierne, riconducibile ad Andrea Sempio. Un profilo che già nel 2007 risultava compatibile con il DNA ritrovato sotto le unghie di Chiara e riconducibile sempre a Sempio, elemento cruciale che avrebbe potuto indicare un contatto diretto tra la vittima e il suo aggressore. Incredibilmente, però, tale traccia non fu mai utilizzata ai fini investigativi e processuali.
Oltre a questa, emerse all’epoca lo stesso DNA riconducibile alla traccia 33, sotto le unghie della vittima, che poteva suggerire un contatto fisico violento negli ultimi istanti di vita. Anche questo dato, inspiegabilmente, fu trascurato.
A rendere ancora più complesso il quadro, emergono nuove testimonianze riferite solo di recente agli inquirenti: si parla di una figura femminile con uno zaino, che si muoveva in modo irregolare, a zig zag, nei pressi dell’abitazione di Chiara, e della presenza mai chiarita di una bicicletta nera da donna. Dettagli che oggi assumono una valenza del tutto nuova nelle ricostruzioni degli eventi.
Tuttavia, il cammino verso la verità è ostacolato anche da questioni procedurali. Nella giornata odierna, Andrea Sempio, Alberto Stasi e il fratello di Chiara sono stati convocati dalla procura. Mentre Stasi e il fratello della vittima si sono presentati regolarmente, Sempio non si è presentato, suscitando perplessità e portando i legali della difesa a denunciare un vizio formale, con conseguente rallentamento dell’iter giudiziario. Le stesse perplessità erano già sorte quando, per la prima volta, a Sempio fu richiesto di sottoporsi all’esame del DNA, al quale si rifiutò; nei giorni successivi fu costretto dai carabinieri a eseguire il test.
Il caso Poggi, dunque, si arricchisce di elementi nuovi e inquietanti, ma lascia intravedere anche le falle di un sistema investigativo che, forse troppo in fretta, ha chiuso piste fondamentali, indirizzando tutto verso un unico imputato. E se oggi Stasi dovesse essere definitivamente dichiarato innocente, non si potrà comunque ignorare che la sua vita è stata irrimediabilmente compromessa da anni di sospetti, carcere e stigma sociale.
Oggi più che mai, è necessario che la giustizia faccia i conti con il passato e dia finalmente ascolto a tutte quelle voci, quelle tracce, quei dettagli che possono aiutare a scrivere l’ultima parola su una delle vicende più controverse della cronaca italiana.